Il neuromarketing si pone l'obbiettivo di studiare cosa succede nel cervello delle persone, in risposta a piccoli stimoli molto spesso non identificabili a "occhio nudo", per poter individuare strategie che incrementano le vendite o fidelizzano i consumatori. Questa branca della neuroeconomia nasce dalla fusione del marketing tradizionale con la neurologia e la psicologia per poter studiare in maniera approfondita la reazione del cervello quando stimolato da piccole, ma importanti componenti emotive e percettive.
Il neuromarketing serve per capire cosa spinge un individuo a comprare un determinato prodotto invece di un altro o anche a capire come poter fidelizzare un consumatore analizzando, non solo le componenti razionali dell'agire dell'uomo, ma anche tutte le altre che fanno capo alle emozioni e ai ricordi che un individuo ha di un determinato brand invece che di un altro.
Martin Lindstrøm, nel suo libro “Neuromarketing. Attività cerebrale e comportamenti d'acquisto”, mette in evidenza come l'utilità di questa disciplina possa superare i limiti del marketing vecchio stile, aggiungendo tuttavia che questa disciplina presenta dei limiti che riguardano l’incompleta comprensione che si ha ancora del funzionamento del cervello umano, come ammettono diversi esperti del settore tra cui Marlene Behrmann. Si può dedurre, allora, che i progressi nel campo del neuromarketing sono strettamente legati all’evoluzione delle scienze cognitive.
Passando a degli esempi pratici di come il neuromarketing influenzi enormemente gli incassi di alcune delle più grandi società del mondo, possiamo vedere come Amazon sia riuscito ad incrementare le proprie vendite per un valore di 1.7 miliardi di dollari, semplicemente aumentando la velocità del proprio sito di 0.1 secondi, una velocità impercettibile per "noi" ma non per il nostro cervello. Un secondo esempio è riconducibile a Google che per decidere di utilizzare una determinata tonalità di blu per i link, abbia esaminato oltre 50 tonalità di blu differenti prima di trovarne una specifica che apportava una quantità di click 10 volte superiore rispetto alle altre tonalità esaminate.
Da un punto di vista etico e morale la questione ha fatto sorgere non pochi dubbi in quanto molti sostengono che possa essere utilizzato per scopi "non giusti" come l'incremento delle vendite da parte di aziende promotrici di attività o di prodotti meno salutari come tabacco o fast-food. Una associazione nordamericana, la “Commercial Alert”, ha realizzato una petizione contro l’uso delle tecniche di neuromarketing, presentata anche al congresso nordamericano, enumerando le possibili conseguenze negative dell’uso di queste. Sull'altro fronte abbiamo il già citato Martin Lindstrøm che, a sostegno di questa scienza emergente dichiara che il neuromarketing debba essere visto come uno strumento in se ne buono ne cattivo e che il suo utilizzo deve essere lasciato alle aziende, che ne risponderanno in base all'utilizzo fatto.
Il neuromarketing è davvero il futuro? Sarà davvero la nuova frontiera del marketing? Per poter affrontare meglio l'argomento consiglio la visione del video di TEDx ( https://www.youtube.com/watch?v=UEtE-el6KKs&t=0s).ù
Fonti:
-Wikipedia (Neuromarketing)
-TEDx ( https://www.youtube.com/watch?v=UEtE-el6KKs&t=0s)
-Insidemarketing.it
-Fonte foto:
-SEMrush