Che si guardi distrattamente un telegiornale o si sfoglino le pagine di un quotidiano, sarà molto probabile imbattersi in un elogio, o in un’aspra critica, al Fondo Monetario Internazionale (FMI). Da alcuni presentato come la panacea per tutti i mali, da altri indicato come il motivo principale negli squilibri di ricchezza del pianeta, è indubitabile che il FMI giochi un ruolo di primo piano nella regolazione dell’economia mondiale.
Ma cos’è esattamente il FMI, quali sono le sue funzioni, e com’è strutturato per adempiere ai suoi compiti?
Il Fondo Monetario Internazionale nasce nel 1944 dalla Conferenza di Bretton Woods. Reduci dalla Grande Depressione, i paesi partecipanti alla conferenza concepirono il FMI come un’organizzazione pubblica internazionale volta ad agire come ente stabilizzatore del sistema monetario internazionale. In altre parole, il FMI regola i tassi di cambio tra valute e, quando uno Stato si ritrova ad avere qualche problema a fronteggiare i propri debiti, agisce come medico: garantisce un’efficace medicina (nella forma di prestiti a basso tasso d’interesse), prescrive una cura strutturale affinché l’economia dello Stato interessato possa fronteggiare al meglio shock futuri, e monitora il processo nel suo insieme.
Il fondo prestiti di cui il FMI dispone è garantito in larga parte da quote detenute dai singoli paesi membri, in relazione alle proprie capacità economiche (per fare un esempio, la quota detenuta dagli Stati Uniti sarà sensibilmente maggiore rispetto a quella detenuta da Haiti).
Oltre all’assistenza finanziaria, il FMI vanta anche una serie di importanti funzioni preventive, al fine di scongiurare una seria crisi economica nei suoi paesi membri. Per questo motivo, il FMI è impegnato in attività di sorveglianza (consiglia agli Stati membri come migliorare la propria attività economica, come rendersi meno vulnerabili a crisi e a imprevedibili shock macroeconomici, e come migliorare le condizioni di vita degli abitanti) e di capacity development(assistenza tecnica per migliorare i sistemi di tassazione, amministrazione, spesa e regolazione bancaria).
Ad oggi, il FMI vanta 189 Stati membri, dispone di un trilione di dollari di capitale e vanta ben 36 accordi di prestito.
Il FMI garantisce queste funzioni grazie a una governance tripartita, composta da Consiglio dei Governatori, Consiglio Esecutivo e Segretariato, coordinati da un Direttore Esecutivo.
Il Consiglio dei Governatori è composto da un Governatore e da un sostituto per ogni Stato membro (solitamente il Ministro dell’Economia o il Governatore della Banca Centrale). Il Consiglio dei Governatori elegge i membri del Consiglio Esecutivo, decide l’entità delle quote che i paesi membri devono versare al FMI, ammette nuovi paesi come membri e può anche forzare il ritiro di uno Stato dal FMI.
Il Consiglio Esecutivo è composto da 24 membri e decide se, come, quando e a quali condizioni garantire assistenza a un membro, agendo su scala costante nel tempo. Stati Uniti, Cina, Giappone, Germania e Regno Unito hanno ognuno il proprio membro nel Consiglio, mentre gli altri 19 sono nominati sulla base di altrettanti raggruppamenti di nazioni.
Il Segretariato è invece composto da funzionari la cui nomina è indipendente dalla nazionalità, poiché agiscono per l’organizzazione e non per gli Stati membri. Il Presidente del Segretariato è anche il Direttore Esecutivo del FMI, carica che da Ottobre 2019 riveste l’economista bulgara Kristalina Georgieva.
I sostenitori del FMI ne lodano la capacità di scongiurare deprezzamenti di valuta, evitare fallimenti sistemici di intere economie, promuovere il commercio internazionale e di prestare un occhio di riguardo ai paesi in via di sviluppo (i più poveri possono accedere a prestiti con lo 0% di interessi).
I detrattori del FMI indicano le criticità dell’organizzazione in due punti principali: il metodo di voto negli organi di governo e la cosiddetta condizionalità. Nel FMI il voto è ponderato, ovvero l’importanza del voto di uno Stato è dato dalla quota di capitale da esso detenuta nel FMI. Questo fa si che le economie più sviluppate, come Stati Uniti e alcuni paesi membri dell’UE, abbiano praticamente sempre potere di veto. Con condizionalità si indicano invece le garanzie politico-finanziarie che un paese deve fornire in modo da ottenere un prestito dal FMI. Queste misure spesso implicano austerità, liberalizzazione dei commerci, privatizzazioni e svalutazione della valuta locale, e possono venire male accolte dai paesi in via di sviluppo.
Scritto da Jacopo Frati