IL MODELLO GLOBALIZZAZIONE HA FALLITO?

Il processo di globalizzazione iniziato intorno agli anni Cinquanta, ha trasformato per sempre l’economia mondiale, rendendo i paesi sempre più interdipendenti tra loro. Basti pensare che il principale paese al mondo, gli USA, è indebitato fino al collo con il suo principale sfidante cioè la Cina. E’ inutile negare che la globalizzazione abbia contribuito in maniera notevole al miglioramento della vita, ad un accesso più rapido alle informazioni e ai beni, avanzando opportunità di crescita economica per nazioni, a lungo rimaste ai margini dello sviluppo economico mondiale

Tuttavia, a partire dal 2000 lo slancio politico a favore di una maggiore integrazione economica globale si è indebolito. E i costi della globalizzazione finanziaria, al di là dei suoi benefici, sono emersi con la crisi del 2008. Malgrado il ritmo della globalizzazione sia effettivamente rallentato e il supporto politico nei suoi confronti si sia affievolito, il nostro mondo oggi è più connesso che mai. E’ qui che parte la nostra riflessione per capire se il modello globalizzazione è stato causa o rimedio nel contesto dell’emergenza Covid-19.

Partiamo col dire che i virus rispetto al passato, viaggiano più velocemente: questo è senza dubbio dovuto dalla possibilità di muoversi in qualsiasi parte del mondo, in breve tempo, con costi accessibili a quasi tutti. Nonostante questa connessione abbia facilitato la trasmissione del Covid-19, è proprio grazie ad essa che oggi abbiamo la possibilità di affrontare meglio il virus: abbiamo strumenti che in passato erano semplicemente impensabili, la possibilità di condividere pressoché in tempo reale i dati emersi in diversi Paesi e i risultati delle ricerche effettuati in ciascuno di esso. La maggior parte di questi progressi sono riconducibili proprio alla globalizzazione. Sono il libero mercato, l’innovazione tecnologica e la cooperazione economica globale che ci danno gli strumenti per prevenire dove possibile e contrastare dove necessario la diffusione del morbo.

Forse, una società chiusa avrebbe avuto modo di prevenirsi dalla diffusione della pandemia, ma una tale società avrebbe comportato minime interazioni sociali e l’esperienza del lockdown ha solo confermato quanto per l’uomo questo sia insostenibile, oltre alle ovvie difficolta che si incontrano per sostenere lo sviluppo economico ed energetico di una sempre più crescente popolazione (ad esempio l'Italia dipende per quasi l'80% dall'energia che importa dai paesi esteri).


Passiamo ora ad affrontare l’aspetto economico della pandemia. Non c’è dubbio che il coronavirus avrà un impatto economico molto significativo: le proiezioni dell’International Monetary Fund indicano che l’economia globale subirà un calo del -3% nel 2020. È importante considerare che l’effetto della recessione sarà tanto più rilevante quanto più debole un' economia. Ricordiamo che la globalizzazione è stato un processo disomogeneo, che ha portato alcuni Paesi a rimetterci e saranno proprio quest’ultimi a subire le conseguenze peggiori di questa crisi. Un altro aspetto importante è il blocco della produzione: a causa della chiusura dei paesi, gli output prodotti non hanno raggiunto le loro destinazioni, bloccando le produzioni successive.

Tuttavia, dobbiamo tenere presente che senza la globalizzazione e l’integrazione delle economie nazionali, il mondo sarebbe immensamente più povero: dal 1989 a oggi, il Pil pro capite globale è aumentato di oltre il 77 per cento, mentre la quota delle persone in condizioni di povertà è scesa da più di un terzo a meno di un decimo.

Concludiamo dicendo che la pandemia ha messo a dura prova il mondo: sarà difficile riprendersi dalle ferite lasciate dal virus, in particolare dal costo umano ed economico associato all’emergenza. Ed è proprio questo clima di tensione e sofferenza che ha favorito un crescente sentimento "anticinese", portavoce lo stesso Donald Trump. Soprattutto, l’epidemia sembra fornire argomenti per attaccare sia il liberalismo economico che l’orientamento ad assumere politiche comuni e coordinate (il multilateralismo). Tuttavia, in un mondo profondamente interconnesso, non sono più possibili soluzioni isolate. Le soluzioni si trovano nella cooperazione e nel coordinamento globale: sono necessarie la definizione di protocolli sanitari comuni, lo scambio di conoscenze, sforzi e investimenti congiunti al di là degli egoismi dei singoli, degli stati e delle imprese. 

Nel mondo di oggi aiutare gli altri equivale ad aiutare se stessi.




Scrittrice: Beatrice Terenzi


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