IL FALLIMENTO DELLA THOMAS COOK

La Thomas Cook Group, nata dalla fusione di Thomas Cook AG e MyTravel Group nel 2007, ha dichiarato bancarotta  non essendo riuscita a trovare un accordo con l'attuale Segretario di Stato per i trasporti del governo britannico Grant Shapps per poter mantenere attiva l'operatività e cercare di risanare un debito di quasi due miliardi di sterline. Il CEO Peter Fankhauser in data 23 settembre 2019 ha quindi dichiarato il fallimento e la conseguente procedura di liquidazione. La Thomas Cook Group al 2018 presentava un fatturato di 9,584 miliardi e una perdita di 163 milioni di sterline. Il suo fallimento porta oltre 21.000 dipendenti in pericolo e lascia a mani vuote molti Hotel e mete turistiche che si affidavano a prenotazioni e collaborazioni con la presente società.

Analizzando più nel dettaglio i motivi che hanno portato la società inglese al fallimento, possiamo notare come l'andamento del prezzo del titolo azionario abbia subito una picchiata vertiginosa dal 2007 ad oggi, passando da un valore di 212 sterline del 2007 a 3,45 sterline del 20 settembre di questo anno. L'azienda aveva iniziato ad effettuare vari tagli come a partire dai classici tagli di costi e di personale, ma sempre in ritardo rispetto al suo principale competitor europeo, l’anglo-tedesca TUI Travel. Aveva investito in hotel di nuova concezione, che avrebbero dovuto aumentare fatturato e fidelizzazione, ma solo dopo le analoghe mosse di TUI (che in più aveva puntato sul business delle crociere) e senza la stessa determinazione dei rivali.

Analizzando il mercato del turismo possiamo anche vedere come le piattaforme online (Expedia e Booking) e i vettori low cost ( EasyJet) abbiano notevolmente influenzato il destino della Thomas Cook portandola all'inesorabile destino del fallimento, non potendo competere a livello di innovazione e semplicità nella scelta delle mete e nel confronto dei prezzi. Expedia e Booking Holdings (ex Priceline) non solo dominano il mercato, ma continuano a crescere a doppia cifra: la prima nel 2018 ha registrato un aumento delle vendite del 21,5% rispetto all’anno precedente, la seconda del 20,7%, secondo The Travel Weekly, mentre le compagnie low cost garantiscono anche viaggi intercontinentali a basso prezzo con la possibilità aggiuntiva di poter prenotare anche hotel tramite la stessa piattaforma.

Chi guadagnerà dalla scomparsa dell’ultracentenario tour operator britannico? Ovviamente la rivale di sempre TUI, forte di una capitalizzazione di 5,6 miliardi di euro, ma anche l’agile Jet2.com, assieme alla regina britannica delle low cost Easyjet. Senza dimenticare i due colossi digitali, Expedia e Booking, pronti ad approfittare del buco lasciato da Thomas Cook per dare un nuovo slancio alla loro inarrestabile crescita.



Fonti

-Wikipedia ( Thomas Cook Group)

-Il Sole 24 Ore (Fallimento Thomas Cook)

Foto: Pixbay

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